L’accompagnamento spirituale


Quando vediamo un video dove ci siamo anche noi, di solito non ci piacciamo e diciamo: “ma io, ho questo tono di voce? E cammino veramente in quel modo???” Infatti, normalmente, la percezioni di noi stessi non è proprio del tutto obiettiva… 

È per questo che è importante avere qualcuno che da fuori ci aiuti a vederci e a capirci come siamo. Qualcuno di fiducia, che ci stimi, a cui possiamo aprire il nostro cuore, senza che ne approfitti per colpirci con qualche frecciatina o, peggio ancora, ci possa tradire. Uno dei migliori modi per crescere come persona, da solo o nel proprio gruppo di appartenenza, è il confidarsi appunto con qualcuno di fiducia: o un semplice aprire il cuore con una persona laica degna di stima e che abbia una vita piena di valori, o un dialogo spirituale con un sacerdote o una consacrata, che si potrebbe trasformare in un accompagnamento spirituale, per arrivare alla pienezza della nostra vita. Oggigiorno ci si rivolge ai counselor, agli psicologi, agli psicoterapeuti, ai life coach… E se invece ci fosse un problema di vita spirituale? L’accompagnamento spirituale non è da sottovalutare o addirittura da scartare. La nostra anima ha bisogno di un “allenatore” che dia gli “esercizi” giusti per poter crescere e rafforzarsi.
Ecco alcuni consigli per ben approcciarsi all’accompagnamento spirituale (conosciuto nella tradizione della Spiritualità col nome di “direzione spirituale”).

1. Un dialogo a tre
Si comincia con un atto di fede: attraverso la direzione spirituale, Dio si vuole rendere presente nella tua vita, per darti dei consigli su come percorrere la via della santità. In tutta la Bibbia, Dio si manifesta attraverso degli intermediari, attraverso persone che Lui stesso sceglie come suoi rappresentanti. Se ti viene il dubbio che siano solo persone come te e che potrebbero non esserti di aiuto, ti confermo che è proprio così. Non è la loro “idea” che devi seguire, ma la “luce” dello Spirito Santo che loro riconoscono in te. Ricordati che loro sono stati “scelti”, e Dio opera attraverso di loro.

2. Un obiettivo
Infatti, il direttore spirituale non fa altro che cercare come te, e assieme a te, la tua felicità. Un attimo: ovvio che non parlo della felicità effimera, passeggera, fatta di emozioni che oggi ci sono e domani non più. Parlo di una felicità che mi riempie, che mi dà la serenità, che, seppur in mezzo alle difficoltà, mi faccia rimanere il cuore in pace. Sto parlando della felicità che Dio ha pensato per noi fin dall’eternità, quando ci ha pensati e ci ha voluti creare. Si chiama santità. “Cosaaaaa? Io... santo???” Ebbene sì, la Chiesa dice che ogni cristiano è chiamato alla santità. Santo, sì, ma con i jeans e la birra in mano. “Ah sì?” Sì, con la birra in mano e i jeans, ma vivendo la santità.

3. Dei mezzi
Che problemi e che ostacoli sto avendo per arrivare alla santità di vita? Ma soprattutto: sto utilizzando dei mezzi validi per arrivarci? Sicuramente in me scopro qualche virtù che potrei sviluppare meglio, oppure un difetto che non mi lascia mai, e che mi rende odioso a me stesso, e forse anche agli altri. Mi è capitato di trovarmi di fronte a qualche giovane che non ha un motivo per cui fare le cose, che si trova a gironzolare per casa invece di studiare, perché gli secca fare qualunque cosa, anche vivere. Cosa gli manca dentro? E tu, sai pregare? Sai cosa vuol dire “mettersi in preghiera”, entrare nello stato della Presenza di Dio? Sai come si fa a “meditare”? Sai qual è il metodo di preghiera della “contemplazione”? O pensi che pregare sia solo recitare formule, “come fanno molte vecchiette”? Ecco un buon punto da dove cominciare a parlare col tuo prossimo direttore spirituale. In realtà, il segreto della vita serena di molti uomini e donne di tutti i tempi è proprio l’avere profondità spirituale, l’avere un’anima di un certo spessore, l’avere fondamenta solide su cui costruire la propria vita.

4. Lanciarsi con coraggio e decisione
Papa Francesco sogna di avere una Chiesa missionaria, e ha bisogno di apostoli per la Nuova Evangelizzazione. Prima di ogni direzione spirituale, un altro punto importante da controllare di se stessi è quanto stiamo “uscendo” da noi stessi. La tendenza attuale della società è insegnarci a guardare solo noi stessi, il nostro tornaconto. Cosa sto facendo “per gli altri”? Il mio gruppo Regnum Christi, per esempio, ha uno stile particolare: fare il bene, e farlo bene. Cioè, aguzzando l’ingegno, per ottenere migliori risultati. Per esempio: non serve tanto combattere la povertà, quanto combattere le cause della povertà. Come dice la storiella: “Se mi dai un pesce oggi, mangerò per un giorno. Se mi insegni a pescare, mangerò tutta la vita.” Non basta giocare all’apostolato, non basta giocare a fare il bene. I problemi vanno risolti. E per questo, c’è bisogno di di progetti e istituzioni che realmente realizzino un cambio sociale. Come cominciare? Questione di atteggiamento: guarda dentro te stesso e domandati come va il tuo impegno in famiglia, a scuola, al lavoro, nel tuo apostolato. Comincia da lì. E buon cammino.